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07/12/2023
LAvoro smart 2023

Lavoro Smart: la situazione aggiornata a fine 2023

È ormai da circa un anno a questa parte che NotOnlyDesk, conscia dell’evoluzione tecnologica e delle dinamiche del mercato del lavoro venutesi a creare nel periodo pandemico e post-Covid, ha posto l’accento sull’importanza del “lavoro smart”. Questo concetto, come ripetiamo da tempo, abbraccia l’idea di utilizzare in modo efficiente le risorse, sfruttando le tecnologie digitali per ottimizzare processi e aumentare la produttività. La capacità di adattamento a un ambiente di lavoro in continua trasformazione è diventata cruciale, poiché le organizzazioni cercano di rimanere competitive in un mondo sempre più interconnesso. Il lavoro smart non riguarda solo la tecnologia, ma anche la flessibilità, la creatività e la collaborazione, e pone dunque le basi per un approccio più sostenibile e adattabile alle sfide contemporanee. 

Oggi, giunti alle battute finali del 2023, vogliamo porre l’attenzione su alcuni dati significativi. Dati che ben evidenziano l’evoluzione dello smart working e della percezione dello stesso nel corso dell’ultimo periodo.  


La crescita del lavoro smart

L’adozione dello smart working in Italia ha infatti recentemente mostrato una decisa ripresa dopo i picchi registrati nel corso della pandemia e la graduale riduzione degli ultimi due anni. Nel 2023 i lavoratori in modalità remota sono 3.585 milioni, in leggero aumento rispetto ai 3.570 milioni del 2022. Inoltre, il dato di quest’anno mostra un importante incremento del 541% rispetto al periodo pre-Covid.  

Le prospettive per il 2024 indicano un probabile ulteriore aumento, fino a circa 3,65 milioni. O almeno questo è quanto emerge da uno studio condotto dall’Osservatorio smart working della School of Management del Politecnico di Milano, presentato durante il convegno “Rimettere a fuoco lo smart working: necessità, convenzione o scelta consapevole?”. 

L’analisi evidenzia che nel corso del 2023 la pratica dello smart working ha registrato una crescita significativa nelle grandi imprese, coinvolgendo oltre la metà dei lavoratori, pari a 1,88 milioni. Anche nelle piccole e medie imprese (Pmi) si è osservato un lieve aumento, che ha coinvolto 570mila lavoratori, corrispondente al 10% della forza lavoro potenziale. Al contrario, si è assistito ad un calo nelle microimprese (620mila lavoratori, il 9% del totale) e nelle Pubbliche Amministrazioni (515.000 dipendenti, il 16%). 

 

Lavoro smart: si confermano benefici e alcuni dubbi

Il lavoro agile, come abbiamo sempre cercato di sottolineare, contribuisce positivamente anche all’ambiente, contribuendo a un calo delle emissioni di CO2 di 480 chilogrammi a persona ogni anno grazie alla riduzione degli spostamenti e all’uso limitato degli uffici (anche solo per due giorni di lavoro ogni settimana). Riguardo all’impatto sul mercato immobiliare, inoltre, è stato dimostrato che il 14% dei lavoratori da remoto ha cambiato o considera l’idea di cambiare casa, spesso optando per zone periferiche o piccole città in cerca di uno stile di vita diverso, generando così un effetto positivo su varie aree del paese. 

Certo non tutto il sistema funziona alla perfezione. Innanzitutto, il lavoro remoto non sempre si traduce in modelli genuinamente “smart”. E solo i veri lavoratori agili, coloro che non solo lavorano da remoto ma dispongono anche di una flessibilità di orario e lavorano per obiettivi, mostrano livelli superiori di benessere ed engagement rispetto ai lavoratori tradizionali.  

Né si può sorvolare sul fatto che, all’interno di molte realtà, lo smart working è ancora visto con sospetto. Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio smart working del Politecnico, sostiene infatti che “C’è una certa schizofrenia perché in diverse realtà vige ancora una certa cultura del sospetto per cui si obbligano le persone a lavorare in presenza il lunedì e il venerdì”. Ragion per cui occorre prima scardinare questo “vecchio” modo di approcciarsi allo smart per potere fare progressi e seguire il virtuoso esempio di aziende come Assicurazioni Generali. Modelli cioè in cui il lavoro in azienda viene alternato a quello da remoto (a cui è sempre più spesso dedicata la giornata di venerdì). 

Work-life balance, modello ibrido, coworking, sostenibilità ambientale. Tutti concetti su cui NotOnlyDesk ha sempre puntato e cercato di approfondire. In attesa di ulteriori aggiornamenti e di un futuro sempre più smart. 

Lavoro smart: la situazione aggiornata a fine 2023

È ormai da circa un anno a questa parte che NotOnlyDesk, conscia dell’evoluzione tecnologica e delle dinamiche del mercato del lavoro venutesi a creare nel periodo pandemico e post-Covid, ha posto l’accento sull’importanza del “lavoro smart”. Questo concetto, come ripetiamo da tempo, abbraccia l’idea di utilizzare in modo efficiente le risorse, sfruttando le tecnologie digitali per ottimizzare processi e aumentare la produttività. La capacità di adattamento a un ambiente di lavoro in continua trasformazione è diventata cruciale, poiché le organizzazioni cercano di rimanere competitive in un mondo sempre più interconnesso. Il lavoro smart non riguarda solo la tecnologia, ma anche la flessibilità, la creatività e la collaborazione, e pone dunque le basi per un approccio più sostenibile e adattabile alle sfide contemporanee. 

Oggi, giunti alle battute finali del 2023, vogliamo porre l’attenzione su alcuni dati significativi. Dati che ben evidenziano l’evoluzione dello smart working e della percezione dello stesso nel corso dell’ultimo periodo.  


La crescita del lavoro smart

L’adozione dello smart working in Italia ha infatti recentemente mostrato una decisa ripresa dopo i picchi registrati nel corso della pandemia e la graduale riduzione degli ultimi due anni. Nel 2023 i lavoratori in modalità remota sono 3.585 milioni, in leggero aumento rispetto ai 3.570 milioni del 2022. Inoltre, il dato di quest’anno mostra un importante incremento del 541% rispetto al periodo pre-Covid.  

Le prospettive per il 2024 indicano un probabile ulteriore aumento, fino a circa 3,65 milioni. O almeno questo è quanto emerge da uno studio condotto dall’Osservatorio smart working della School of Management del Politecnico di Milano, presentato durante il convegno “Rimettere a fuoco lo smart working: necessità, convenzione o scelta consapevole?”. 

L’analisi evidenzia che nel corso del 2023 la pratica dello smart working ha registrato una crescita significativa nelle grandi imprese, coinvolgendo oltre la metà dei lavoratori, pari a 1,88 milioni. Anche nelle piccole e medie imprese (Pmi) si è osservato un lieve aumento, che ha coinvolto 570mila lavoratori, corrispondente al 10% della forza lavoro potenziale. Al contrario, si è assistito ad un calo nelle microimprese (620mila lavoratori, il 9% del totale) e nelle Pubbliche Amministrazioni (515.000 dipendenti, il 16%). 

 

 

Lavoro smart: si confermano benefici e alcuni dubbi

Il lavoro agile, come abbiamo sempre cercato di sottolineare, contribuisce positivamente anche all’ambiente, contribuendo a un calo delle emissioni di CO2 di 480 chilogrammi a persona ogni anno grazie alla riduzione degli spostamenti e all’uso limitato degli uffici (anche solo per due giorni di lavoro ogni settimana). Riguardo all’impatto sul mercato immobiliare, inoltre, è stato dimostrato che il 14% dei lavoratori da remoto ha cambiato o considera l’idea di cambiare casa, spesso optando per zone periferiche o piccole città in cerca di uno stile di vita diverso, generando così un effetto positivo su varie aree del paese. 

Certo non tutto il sistema funziona alla perfezione. Innanzitutto, il lavoro remoto non sempre si traduce in modelli genuinamente “smart”. E solo i veri lavoratori agili, coloro che non solo lavorano da remoto ma dispongono anche di una flessibilità di orario e lavorano per obiettivi, mostrano livelli superiori di benessere ed engagement rispetto ai lavoratori tradizionali.  

Né si può sorvolare sul fatto che, all’interno di molte realtà, lo smart working è ancora visto con sospetto. Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio smart working del Politecnico, sostiene infatti che “C’è una certa schizofrenia perché in diverse realtà vige ancora una certa cultura del sospetto per cui si obbligano le persone a lavorare in presenza il lunedì e il venerdì”. Ragion per cui occorre prima scardinare questo “vecchio” modo di approcciarsi allo smart per potere fare progressi e seguire il virtuoso esempio di aziende come Assicurazioni Generali. Modelli cioè in cui il lavoro in azienda viene alternato a quello da remoto (a cui è sempre più spesso dedicata la giornata di venerdì). 

Work-life balance, modello ibrido, coworking, sostenibilità ambientale. Tutti concetti su cui NotOnlyDesk ha sempre puntato e cercato di approfondire. In attesa di ulteriori aggiornamenti e di un futuro sempre più smart. 

Categoria: News, Rent a Desk, Workspace
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